mercoledì 30 dicembre 2015

Souvenir d'enfance#1


Un giorno mia figlia mi chiese: "Mamma, qual è stato il libro che ti ha fatto innamorare dei libri?".
Perché vi è, nella storia di chiunque, il libro, quello che aprì la strada a tutti quelli che sarebbero giunti dopo di esso.

Le pagine dentro le quali l'animo sperimentò di perdersi per la prima volta.
E, dopo quella volta, capì che mai avrebbe più rinunciato a perdersi così.

domenica 27 dicembre 2015

Trenta gradi all'ombra



“In un paese di luce è dall’ombra che si scorge il mondo” 
                           (A. Prete, Trenta gradi all’ombra)


Quando ebbi la fortuna di poter conversare per qualche ora con Antonio Prete, in un silenzioso caffè della vecchia e ormai quasi irrimediabilmente perduta Milano, mi colpirono lo spessore e la gioiosa levità di una vita dedicata alla letteratura. Come se, nel linguaggio che si annoda e a volte sembra nascondere più che svelare, vi fossero tutte le chiavi del mondo e della Storia per illuminare le vite di ognuno. Come se... come è.

venerdì 25 dicembre 2015

Generi di conforto

Parole.
Gesti.
Pietanze.

Una carezza, una mano posata con discrezione a sfiorare e lenire un dolore o un timore. In un gesto trattenuto, il desiderio di condividere una gioia, quando non di soffrire insieme.
Pagine sulle quali, una volta tanto, riesce difficile restare, mentre la mente continua a spostarsi altrove. Righe rilette all’infinito eppure, in ognuna di queste infinite volte, istantaneamente dimenticate.
Consistenze morbide, vapori speziati o agrumati, sapori che avvolgono e riconducono da quell’altrove.

Dicono che il libro migliore sia quello che paradossalmente riesce quasi a negare se stesso, conducendo il lettore a volerne interrompere di frequente la lettura, sollevare lo sguardo e lasciarlo vagare oltre l’orizzonte. Lasciandosi così istantaneamente diventare altro, altre parole, altri pensieri, vecchi ricordi o nuove immaginazioni.
Allora anche il piatto migliore non dovrebbe fare altrettanto?

domenica 20 dicembre 2015

Tempo di Natale



In queste giornate anomale, miti e soleggiate tanto da ricordare più un mese di marzo che indugi nell’inverno che ha alle spalle che non un dicembre pungente e umido, mi trovo a desiderare un vero... tempo di Natale. Sarebbe un tempo che mi obbligherebbe allora - in questa ora del mattino - ad accendere qualche luce in casa e non invece a dovermi riparare da quel raggio di sole che, per quanto basso sull’orizzonte, attraversa il vetro e si infila sornione nella mia coda dell’occhio.

Il sogno vorrebbe latitudini da tempesta di neve, di quelle che chiudono in casa per giorni, a fare i conti con quanta farina e burro e uova siano rimaste in dispensa. Ad occuparsi di aggiungere legna al camino, mentre in cucina ci si dedicherebbe ad impasti e lievitazioni lente. Il tempo potrebbe allora farsi dilatato, nel guardare i fiocchi che cadono ipnotici su un fondale plumbeo, oppure addirittura inesistente, se si decidesse di allontanarsi dalla finestra per estrarre uno dei libri dalla libreria.

Potrei però accontentarmi di un dicembre umido e freddo, senza manto bianco ma ovattato di nebbia, fatto di strade lucide di una pioggerella pesante. Pomeriggi scaldati da una teiera sempre piena, dal libro dimenticato sulla poltrona e da un ripieno di mirtilli e cannella che fa capolino dalla torta. Un Natale... londinese!