sabato 16 gennaio 2016

Madri e figlie


L’abbiamo con discrezione e stupore spiata nelle sue prime ore di vita. Tornando più volte con lo sguardo a quel minuscolo viso nel timore di dimenticarne troppo facilmente sottigliezze e dettagli.

Mentre cresceva, ci siamo fatte con timore scrutare da uno sguardo affine eppure estraneo. Sperando, ogni volta, di offrire più di quanto noi stesse credevamo di possedere.

E forse non avremo mai saputo che ciò che lei sarà andata cercando per una vita intera sarà stata l’impronta lasciata, indelebile, nella sua esistenza.

mercoledì 6 gennaio 2016

Sull'esigenza di classificare


"Finiamo sempre per cercare di sistemare in qualche modo i nostri libri: è un’esperienza estenuante, scoraggiante, ma che a volte ci procura piacevoli sorprese, come quella di trovare un libro, dimenticato a forza di essere occultato, che, rimandando a domani quel che non faremo oggi, ci rimettiamo finalmente a divorare, stesi sul letto a pancia in giù"
(G. Perec, Brevi note sull’arte e il modo di riordinare i libri)


Quando entra in casa, dapprima lo porto nel mio studio. Con disinvoltura, lo lascio da solo sul divanetto. Oppure persino sul pavimento. E me ne vado. Quasi volessi costringermi a trattarlo con distacco. Quasi volessi comunicare a mio marito e alle mie figlie che potrei tranquillamente farne anche a meno, di quello scatolone appena giunto con il corriere. E soprattutto del suo contenuto. «Ah... come? è arrivato?! Guarda, me ne ero proprio dimenticata...!»
Poi, quando gli altri sono nei loro angoli, alle loro scrivanie e faccende e persino il cane dorme tranquillo, inizio a girargli attorno, a soppesarlo: controllo la bolla di consegna, ne saggio le dimensioni, lo giro sottosopra.
Allora, senza tergiversare oltre, prendo le forbici e incido con violenza i lembi di cartone dove qualcuno li ha uniti tra loro. Svuoto meticolosamente i sacchettini gonfi d’aria che determinano la maggior parte del volume, con calma li vado a gettare, ripongo le forbici. Tutto deve essere ordinato, niente deve lasciar trapelare impazienza. Tutto serve a prolungare l’attesa, tutto serve a rendere ‘perfetto’ quell’istante che ogni volta aspetto, che sia da una settimana oppure da un mese.

Estraggo i libri ad uno ad uno. (Raramente fanno il viaggio da soli...)
Li sfioro, come a conoscerli in carne ed ossa dopo averne visto soltanto la copertina sul catalogo. Sorrido: li riconosco.

Di norma, i nuovi arrivati restano nel limbo - semplicemente impilati gli uni sugli altri ma assiduamente sfogliati e rimescolati - per qualche giorno. Poi, ognuno di essi va a prendere il suo posto nella collezione. Lì dove era giusto, era perfetto, che stesse.

domenica 3 gennaio 2016

Vivere, scrivere...


"La vita, o si vive o si scrive". Nelle parole di Pirandello.

"Va sempre come per Achille e per Omero: uno ha la vita, il sentimento, l'altro li descrive". Nelle parole di Nietzsche.


Rovesciando il cliché dell'autobiografia... come sarebbe poter vivere la propria vita seguendone gli eventi da spettatore stupito ed affascinato?